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TILLIT XVI edizione
Il teatro che colma le distanze. Le produzioni TiLLiT 2020 disponibili su YouTube
«L’energia concentrata che passa dallo schermo, il primo piano sui volti, persino l’ambientazione domestica, mostrano la necessità e il desiderio di creare uno spazio altro, non confinato dal confinamento.»
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Il primo lockdown e l’interruzione della didattica in presenza nella primavera del 2020 ha rappresentato uno sconvolgimento per quelle attività didattiche che si fondano sulla compresenza, sulla condivisione dello spazio fisico e sulla interazione creativa dal vivo: un esempio è rappresentato dai laboratori di teatro, presenti da sedici anni nella nostra Università attraverso il progetto TiLLiT di teatro in lingua straniera. Gli studenti del Dipartimento di Studi umanistici hanno infatti la possibilità di svolgere laboratori di teatro in inglese, tedesco, spagnolo e francese (in quest’ultima lingua, anche di partecipare a un coro) e di collaborare creativamente alla produzione di uno spettacolo, tradizionalmente presentato al pubblico a inizio giugno, nella cornice spettacolare del Teatro Civico di Vercelli.
Che cosa succede quando tutte le condizioni che permettono di fare teatro vengono meno? Le difficoltà incontrate sono in fondo le stesse che hanno vissuto e vivono ancora oggi tutti coloro che fanno cultura e spettacolo dal vivo. Nel caso dei laboratori TiLLiT la scelta è stata quella di cercare strade diverse per garantire la continuità dell’esperienza formativa nonostante la discontinuità evidente. Ogni gruppo, insieme con i suoi istruttori, si è consultato per dar vita a un’esperienza sia teatrale che linguistica necessariamente a distanza. I risultati di questa sperimentazione sono da oggi visibili sul canale YouTube UPO. «Ogni gruppo ha dato vita a soluzioni diverse — spiega il professor Marco Pustianaz, coordinatore al DISUM del progetto TiLLiT insieme alla professoressa Michaela Reinhardt — anche se l’esito sembra simile: il prodotto finale è in tutti i casi un video digitale. Eppure dietro ciascuno di questi video si nascondono scelte creative e adattamenti diversi. In alcuni casi il testo drammatico è stato completamente scritto o riadattato appositamente in forma di monologhi, di dialoghi telefonici (in split screen) o di scene dove i personaggi interagiscono. In alcuni casi gli studenti si sono autoregistrati a casa, in altri le scene sono state registrate in diretta dopo lunghe prove nonostante l’imprevedibilità delle connessioni. Il coro di francese ha registrato in simultanea sia coro che strumentazione, accompagnato da una performance di danza dalla propria stanza.»
Ma cosa insegna questa esperienza? «Tante cose — continua il professor Pustianaz —. Che la voglia di stare insieme e di creare in gruppo non si ferma e che si può reagire all’impossibilità di fare teatro cercandolo di fare comunque, anche se il procedimento è molto diverso e tante cose sono mancate. È difficile creare intesa a distanza. Ci è mancato lo spazio e il movimento, tutti elementi fondamentali per il linguaggio teatrale. Ci è mancata l’euforia di presentare gli spettacoli dal vivo. Comunicare in video è totalmente diverso che non comunicare nello spazio fisico condiviso, dove si è presenti con il proprio corpo intero. Però, come dimostrano i video, l’energia concentrata che passa dallo schermo, il primo piano sui volti, persino l’ambientazione domestica, mostrano la necessità e il desiderio di creare uno spazio altro, non confinato dal confinamento. Però la freschezza di questi video, registrati con mezzi domestici e montati da Massimo Fonsatti, dimostra la cosa più importante: la vitalità espressa dagli studenti nel mezzo dell’emergenza ci ricorda che la creatività, l’immaginazione e la collaborazione sono per gli esseri umani strumento di sopravvivenza. Anche in lingua straniera.» (fonte: https://multiblog.uniupo.it/)
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